La contrattualistica è un tema centrale nel real estate perché sotteso all'intera attività del settore. Una sua evoluzione verso forme più equilibrate potrebbe avviare una nuova era per il real estate.

Nei contratti di appalto per i lavori di costruzione si seguono oggi logiche conflittuali che finiscono per non giovare né alla committenza né alla filiera. Servirebbe un’evoluzione verso modelli più collaborativi.

Gli accordi con la parte pubblica sono parte essenziale di un progetto e definiscono tutti quegli aspetti che consentono a un'opera di osservare e rispettare i criteri posti a tutela della comunità e del territorio.

Gli accordi tra le parti nel caso di vendita o di locazione di immobili sono soggetti a una libera contrattazione che deve salvaguardare gli interessi di entrambi i soggetti. Perché ciò si verifichi occorre che vengano inserite specifiche ed equilibrate clausole di salvaguardia.

La collaborazione tra committente, progettista e impresa può essere attivata dall’inizio del processo, secondo schemi contrattuali rigorosi e nel rispetto dei diversi ruoli. Con quali modalità e quali vantaggi?

Il committente è storicamente la parte forte nella stipula di un contratto, quello con il famoso “coltello dalla parte del manico”. Quali sono i limiti di questo modo di affrontare la contrattualistica?

Il General Contractor è una figura che a livello contrattuale risulta schiacciata tra la forza del committente e la strozzatura che spesso si impone ai fornitori. Come possono cambiare questi rapporti?

Gli studi di architettura sono spesso coinvolti su nuovi progetti attraverso gare che in realtà si trasformano in raccolte di idee, a cui i progettisti partecipano con grande lavoro ma nessuna reale remunerazione. È un’abitudine che si può interrompere?

Collocate tradizionalmente in fondo alla catena, le aziende manifatturiere e le società di servizi non hanno altra scelta che subire gli effetti di strozzatura sulle spese di sviluppo. Come si esce da questa spirale negativa?