Abitare meglio per vivere meglio: la sfida dell’Italia tra capitale istituzionale e sostenibilità sociale
La società italiana sta attraversando un periodo di profondo cambiamento, trainato da dinamiche demografiche, sociali ed economiche che incidono direttamente sulla domanda abitativa. Le famiglie e i giovani chiedono case accessibili sul piano economico, efficienti dal punto di vista dei consumi energetici, adeguate nelle metrature e collocate in prossimità dei servizi essenziali. L’abitazione è il luogo in cui si costruiscono relazioni, identità e benessere quotidiano: per questo una casa dignitosa e sostenibile rappresenta una condizione fondamentale di coesione e inclusione sociale.
Negli ultimi anni, la domanda abitativa è cambiata in profondità. Alla mobilità lavorativa sempre più diffusa si aggiunge l’aumento degli studenti fuori sede e una diversa cultura dell’abitare da parte delle nuove generazioni, meno legate al modello della proprietà e più inclini a guardare all’offerta locativa. Questo scenario spinge verso lo sviluppo di un’offerta residenziale più articolata e moderna, capace di dare risposte a esigenze diverse e complementari, corredata da servizi ma, soprattutto, polarizzata nelle città – che diventano sempre più attrattive

Naturalmente, il tema non si esaurisce nella quantità di nuove abitazioni. È altrettanto importante garantire qualità abitativa investendo nella riqualificazione del patrimonio esistente, nel miglioramento delle prestazioni energetiche, nella flessibilità degli spazi abitativi e nella realizzazione di quartieri dotati di servizi, aree verdi e spazi comuni. Non si tratta semplicemente di costruire più case, ma di creare luoghi di vita in grado di generare benessere, inclusione sociale e nuove opportunità.
Le cifre parlano da sole. Nei prossimi anni, il nostro Paese avrà bisogno di circa 635.000 abitazioni, soprattutto nelle aree metropolitane, per un volume di investimenti stimato in 170 miliardi di euro. Sul fronte degli studentati il ritardo è ancora più marcato: a fronte di circa 400.000 studenti fuori sede, soltanto il 7% dispone di un posto in strutture dedicate, contro percentuali comprese tra il 15% e il 25% nei principali Paesi europei. Servirebbero almeno 120.000 posti letto, quasi il doppio degli attuali.
Il confronto europeo mostra con chiarezza come sia possibile affrontare queste sfide. In Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito il settore residenziale è sostenuto da investimenti significativi di fondi pensione, compagnie assicurative e risparmio previdenziale: capitali di lungo periodo, stabili e pazienti, che hanno permesso di realizzare grandi complessi abitativi dotati di servizi moderni e pensati per il benessere delle comunità. L’Italia, invece, sconta ancora un disallineamento normativo e fiscale rispetto ai mercati europei più maturi, che rende più complesso mobilitare queste risorse e orientarle verso il comparto residenziale. È su questo terreno che si gioca oggi la possibilità di dare una risposta strutturale e duratura alla domanda abitativa contemporanea.
Senza un cambio di paradigma non sarà possibile colmare il divario. L’unica strada percorribile è favorire un maggiore coinvolgimento degli investitori istituzionali, creando le condizioni normative e fiscali affinché i capitali previdenziali e assicurativi possano orientarsi verso l’edilizia residenziale. Si tratta di una grande opportunità per accelerare i processi di rigenerazione urbana e migliorare la qualità del costruito proprio nelle aree dove il divario tra domanda e offerta abitativa è più critico. L’Italia deve rendere il settore residenziale attrattivo per i capitai istituzionali come già avviene nei mercati europei più maturi.
Le proposte che, come Associazione, abbiamo portato avanti vanno in questa direzione. Sul piano fiscale, riteniamo fondamentale introdurre misure mirate: consentire l’opzione IVA sulle locazioni con aliquota ridotta al 5%, così da abbassare i canoni e attirare gli investimenti sul built to rent e built to sell; agevolare le imposte di trasferimento per gli immobili destinati alla locazione residenziale; prevedere l’esenzione IMU sugli alloggi locati come prima casa, con effetti immediati sulle famiglie e benefici indiretti sulla competitività del settore.
Sul fronte degli strumenti finanziari, è necessario rafforzare i veicoli già esistenti. Fondi immobiliari, veicoli di cartolarizzazione e SICAF dedicate sono strumenti diffusi e apprezzati, che potrebbero diventare ancora più efficaci attraverso interventi puntuali: la piena deducibilità dei costi di gestione, un trattamento fiscale più omogeneo tra i diversi veicoli, fino alla possibilità di integrare fondi pubblici di co-finanziamento – alimentati, ad esempio, dai residui del PINQuA o dalle risorse del PNRR – per mobilitare ulteriori capitali privati e accelerare la realizzazione di progetti di edilizia sociale e student housing.
Confindustria Assoimmobiliare, che rappresenta la filiera degli investitori istituzionali e degli operatori professionali del real estate, è pronta a fare la propria parte. I nostri Associati hanno già realizzato oltre 24.000 alloggi sociali e gestiscono più di 20.000 posti letto per studenti, con pipeline che nei prossimi anni raddoppieranno questi numeri. È un segnale concreto della disponibilità del settore a contribuire allo sviluppo del Paese, ma occorre un quadro normativo e fiscale che ne valorizzi pienamente le potenzialità.
L’abitare, oggi più che mai, è il terreno su cui si misura la capacità di una comunità di essere inclusiva, competitiva e sostenibile. Per questo è necessario trasformare l’attuale emergenza in un progetto industriale condiviso, tra politica e operatori: lo dobbiamo alle famiglie, agli studenti, ai giovani lavoratori, ma soprattutto al futuro delle nostre città e del Paese.